Nel 1971, l’architetto britannico Simon Nicholson coniò il termine “loose parts” (parti sfuse) osservando come il gioco dei bambini con materiali aperti avesse un impatto sulla loro creatività e sul loro pensiero critico.

Nel 1966, lavorando all’Università della California, Nicholson creò un corso intitolato “Design 12”. Questo corso mirava a capire come il gioco, in ambienti collaborativi, desse origine a invenzione, costruzione e creatività. Alcuni dei progetti sviluppati dai suoi studenti furono testati da bambini in vari ambienti come parchi, ospedali, scuole e aree giochi. I progetti di maggior successo risultarono quelli in cui il gioco autoguidato consisteva nella manipolazione di “loose parts”: risorse di materiali aperti e spesso naturali.

In “The Theory of Loose Parts“, Nicholson (1971) nota come l’ambiente, quando completo di materiali ben selezionati, offra occasioni ai bambini per sperimentare e formulare idee originali.

Questi materiali, come suggerito da Nicholson, possono essere qualsiasi cosa che stimoli la curiosità, la scoperta e l’invenzione.

Il termine “Loose Parts” indica materiali non strutturati, di varie forme e colori, che offrono molteplici opportunità di apprendimento ai bambini, incoraggiando il dialogo e stimolando i sensi.

Si tratta di un approccio che permette di sviluppare l’immaginazione, la creatività e di coinvolgere i bambini in attività di gioco e di socializzazione.

I “Loose Parts” possono essere utilizzati in diverse esperienze educative, per supportare la crescita fisica, sociale-emotiva, linguistica, estetica e cognitiva dei bambini, e sono adatti a bambini di ogni origine culturale, classe sociale, abilità e genere.

L’obiettivo è quello di offrire materiali aperti, senza indicazioni specifiche, per consentire ai bambini di esplorare liberamente, manipolare, costruire e trasformare gli oggetti a loro disposizione.

Anche se il termine “loose parts” è moderno, in realtà questa modalità è condivisa da molti approcci educativi:

La pedagogia Montessori, ad esempio, incentiva l’utilizzo di materiali selezionati per consentire ai bambini di esplorare liberamente, senza l’intervento degli adulti.

Inoltre, il Reggio Emilia Approach riconosce come i “Loose Parts” possano incoraggiare la costruzione dell’identità dei bambini e la formazione di ipotesi, permettendo loro di sviluppare il pensiero divergente.

Per saperne di piu’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet di formazione per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “ATELIER LOOSE PARTS: MATERIALI DESTRUTTURATI E CONTESTI EURISTICI

 

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Written by Zeroseiplanet Formazione e consulenza per i servizi educativi 06

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