What do Loris Malaguzzi’s educational philosophy and Nicholson’s Loose Parts theory have in common?

What do Loris Malaguzzi’s educational philosophy and Nicholson’s Loose Parts theory have in common?

The article explores the connection between Loris Malaguzzi’s educational philosophy of the Reggio Emilia schools and Simon Nicholson’s theory of Loose Parts. Both thinkers view creativity and curiosity as fundamental to children’s learning, and how materials and “variables” can be used innovatively to support this discovery.

The article also explores the use of waste materials and the REMIDA project as a concrete example of how these educational principles can be put into practice.

Nicholson, a British architect and designer, introduced the term “Loose Parts” in a 1971 essay, where he emphasized the importance of offering open-ended materials to children, such as natural or recycled materials, but also considering “variables” such as music, gravity, words, concepts, and ideas. The Loose Parts theory was very positively received in the following years, not immediately in the educational field, but primarily in the design and outdoor space planning fields.

Malaguzzi also believed in the creativity of all children and their curiosity about the surrounding world, and believed that they needed a suitable environment to express this curiosity. The use of recycled materials in Reggio Emilia schools was developed through REMIDA, a cultural project born in the mid-1990s, which aims to promote sustainability, creativity, and research on waste materials.

Here too, materials are considered as containers of intelligences and possibilities, which can be modified and transformed by children’s ideas and their combination with other materials and phenomena.

The connection between Nicholson and Malaguzzi’s theories lies in their common attention to children’s creativity and curiosity, as well as their need for a suitable environment to experiment, explore, and learn. Both thinkers view materials as tools for children’s critical and creative thinking development, and support the importance of offering them a wide range of materials and “variables” to explore and discover the world around them.

Anticipi o posticipi? L’anno del “re” e la pedagogia steineriana

Anticipi o posticipi? L’anno del “re” e la pedagogia steineriana

“Non è pensabile che la nostra cultura dimentichi di aver bisogno di bambini. Ma che i bambini necessitino di un’infanzia sembra essere già quasi completamente dimenticato. Coloro che si rifiutano di dimenticare svolgono un servizio prezioso.”

Neil Postman

Anticipi o posticipi?

La tendenza di questi ultimi anni, supportata con grande enfasi da molti genitori, è volta ad anticipare sempre più la scolarizzazione, giustificandola con l’enorme capacità di apprendimento del bambino piccolo. Alcune dichiarazioni del Ministro dell’istruzione hanno riacceso il dibattito intorno all’ idea di iniziare la scuola primaria per tutti a cinque anni.

La tendenza della civiltà moderna, che vive nell’affanno e nell’accelerazione e dunque si trova costretta ad anticipare anche i ritmi naturali dell’essere umano, sta andando nella direzione di attivare al più presto nel bambino le forze dell’intelletto, cosicché “capisca”, si “renda conto” velocemente di come vanno le cose. Sembra che i bambini che nascono in questi anni siano sempre più “svegli”, pronti quindi a essere stimolati sempre più precocemente. Ma la dimensione creativa e sognante del pensiero magico dei bambini, di cui abbiamo approfondito alcuni aspetti nell’articolo “Magia e razionalità nel pensiero dei bambini” ,con la scolarizzazione passa gradualmente alla dimensione logico-razionale che è tipica dell’età adulta. Se questo passaggio avviene troppo anticipatamente o forzatamente, secondo studi e ricerche scientifiche può incidere sul sano sviluppo del bambino, o addirittura provocare blocchi e paure, con bambini che si immergono meno facilmente nel sociale o addirittura mostrano elementi antisociali.

Le sempre maggiori aspettative dei genitori ed insegnanti creano spesso nei bambini un senso di preoccupazione e di inadeguatezza. Esperienze e ricerche scientifiche riportano gli effetti negativi dell’inserimento anticipato con crescita di malattie psichiche, soprattutto depressioni, nei bambini e negli adolescenti, che si rivelano dopo 2 o 3 anni di scuola.

In antitesi a questa tendenza, secondo la pedagogia Steineriana è necessario lasciar maturare nei bambini le forze necessarie per affrontare i passaggi, e non anticiparli, ma semmai posticipare il passaggio dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria.

Secondo Steiner infatti l’intelligenza del bambino, nei primi anni di vita e fino ai 6/7 anni, è orientata verso la comprensione intellettuale del mondo, ma si manifesta e agisce in quelle che normalmente noi chiamiamo “le forze della crescita” e che mai più, nel corso di tutta la vita, saranno così impegnate e organicamente presenti quanto nel primo settennio.

Le forze della crescita, che Rudolf Steiner chiama anche forze architettoniche vitali e plasmatrici, sono le stesso forze che, una volta assolto il compito di presiedere al sano avvio della funzionalità organica, si mettono poi a disposizione (appunto verso i 7 anni) per ciò che comunemente chiamiamo “apprendimento”: come edificano il corpo secondo una straordinaria saggezza, così poi si volgono a interpretare e gradualmente conoscere l’architettura del mondo esterno stesso, il senso strutturale della realtà, comprendendone il “funzionamento” e le leggi.

Da questo consegue, secondo Steiner, che ogni attivazione precoce di questa “intelligenza vivente e ancora inadatta all’astrazione”, ogni spinta che l’educatore (sia genitore o maestro) compie perchè il bambino impari precocemente a leggere, a scrivere, a calcolare, a indagare “criticamente”, sono in realtà deviazioni e sottrazioni artificiose delle forze di crescita e premessa di future fragilità nervose e di disfunzioni organiche.

Da questa filosofia deriva l’importanta dell’ “anno del re”: è così chiamato il sesto anno dei bambini, quello che tradizionalmente segna il passaggio dall’età dell’infanzia a quello della scolarizzazione. Posticipare l’ingresso del bambino alla scuola, regalandogli un ultimo anno supplementare di infanzia, secondo la pedagogia steineriana è oggi uno dei più grandi doni che si possa fare. L’anno del re: perché il sesto anno di vita del bambino è così stato soprannominato?

Perchè il bambino finalmente padroneggia le proprie facoltà motorie, di gioco, di sentimento e se ne accorge, cosa che davvero lo fa sentire fiero di sé, cresciuto, in partenza per una nuova fase della sua vita. Si sente spontaneamente pronto ad aiutare sia più piccoli, ad allacciarsi le scarpe come a togliere la giacca, a spingerli in altalena come a rialzarsi da una caduta, sia gli adulti ( in asilo come a casa) che potranno, con gioia reciproca, coinvolgere un seienne in piccoli incarichi domestici, contando in un vero supporto che porterà a compimento l’intera attività, senza più farsi distrarre da altro.

Il bambino quindi, a sei anni, si sente un piccolo RE.

Se gli regaliamo un anno di vita per godere di questa sensazione, un anno di tempo per approfondire queste prime importantissime esperienze di vita in comunità, di responsabilità, di aiuto per gli altri e per se stesso, poi per tutto il resto della sua esistenza potrà contare su una salda capacità di pensiero, di decisione, e sarà più un grado di affrontare e risolvere situazioni difficili.

Tra l’una e l’altra posizione, certamente il rispetto dei tempi e delle tappe di maturazione psichica e fisiologica del bambino potrà guidare la scelta degli educatori nel proporre gli stimoli giusti al tempo giusto, senza anticipazioni o posticipi.  


Per saperne di più: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet di formazione per educatori di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “SLOW EDUCATION: UN NIDO E UNA SCUOLA CHE RISPETTINO I TEMPI E LE TAPPE DEL BAMBINO”  

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Programmazione vs progettazione educativa

Programmazione vs progettazione educativa

Programmazione vs progettazione educativa

La programmazione educativa e didattica è stata introdotta nella scuola italiana a partire dagli anni ’70. Con la parola programmazione si intende sviluppare, puntualizzare, mettere in opera una serie di interventi intenzionalmente orientati, attraverso i criteri di efficienza ed efficacia, verso specifiche finalità educative.

La programmazione consente all’educatore/insegnante di organizzare in modo razionale e coerente gli interventi educativi, i contenuti, le attività e le verifiche e evitare quindi di agire unicamente attraverso l’improvvisazione e la casualità.

 

Programma. E’ l’insieme dei contenuti culturali da trasmettere ed è ordinato secondo una struttura che si adatta alle diverse fasi di sviluppo cognitivo.

Gli obiettivi principali della programmazione sono pertanto:

  • conferire organicità, coerenza, efficacia al lavoro dell’educatore / insegnante;
  • organizzare il lavoro: prevedendo prima quello che verrà realizzato dopo, l’educatore/insegnante ha maggiore consapevolezza di ciò che deve fare (atto intenzionale);
  • individuare i metodi e gli strumenti con cui conseguire gli obiettivi;
  • facilitare l’apprendimento.

Infine, una programmazione didattica deve essere fondata su obiettivi precedentemente tradotti in comportamenti osservabili e misurabili.

Ci sono vari modelli di programmazione:

  • la programmazione per obiettivi (Watson, Skinner)
  • la programmazione per concetti (Piaget, Bruner, Gardner)
  • programmazione attraverso modelli di ricerca-azione

 

Progettare significa invece essere aperti e flessibili, ponendosi lontano da ogni schematismo. E’ la modalità particolarmente sviluppata nella filosofia di Loris Malaguzzi, da cui scende l’esempio educativo dei nidi e delle scuole dell’infanzia reggiane.

Incidere sul futuro promuovendo il cambiamento delle persone è una delle funzioni dell’educatore nella prima infanzia.

Il cambiamento è una delle categorie pedagogiche più importanti per chi si occupa di progettazione è la categoria del futuro che rappresenta la massima sfida per il progettista, poiché introduce i due elementi più ardui da fronteggiare: l’imprevedibilità e il caso.

    • Se non si lascia spazio a questi due elementi, il progetto si chiude alla realtà e si dimostra incapace di incidere su di essa producendo cambiamenti effettivi.

      Le caratteristiche della progettazione educativa:

    • partecipazione: deve essere partecipata, ovvero correlata ai bisogni formativi dei bambini e del contesto;
    • flessibilità: deve essere duttile e adattiva, capace di adeguarsi flessibilmente ai bisogni educativi degli educandi;
    • concretezza: deve collegarsi ai problemi concreti della realtà; e perseguire obiettivi realistici, rapportati alle conoscenze e alle abilità dei bambini;
    • continuità: deve assicurare la continuità tra diversi elementi di istruzione e tra diversi contesti formativi.

      Progettare intenzionalmente azioni educative vuol dire nel caso del nido, incominciare a pensare ad attività strutturate e di gioco, riflettere sul valore della dimensione pedagogica dei tempi e degli spazi utilizzati, sulle routine e sul personale.
      La progettazione si fonda non soltanto sulle decisioni iniziale e su obiettivi definiti, bensì anche su decisioni successive prese in funzione dell’evolversi della situazione, al punto di modificare la natura, la successione delle operazione e gli stessi obiettivi.
      La programmazione invece non ha spazio per l’improvvisazione, ma organizza in modo razionale e coerente gli interventi educativi, i contenuti e le diverse attività.

 
La leggenda di Santa Lucia: la festa invernale della luce

La leggenda di Santa Lucia: la festa invernale della luce

La leggenda di Santa Lucia: la festa invernale della luce

Il 13 dicembre segna l’inizio del Natale in Svezia e in Norvegia, giorno in cui si festeggia Santa Lucia: messaggera di luce proprio come il suo nome (lux, lucis). Anche in Italia ci sono diverse città che festeggiano Santa Lucia: la sua città natale, Siracusa, e nel Veneto le città di Verona e di Venezia (dove la santa è sepolta), inoltre il Trentino occidentale e la Brianza in Lombardia.

In Italia si dice “Santa Lucia il giorno più corto che ci sia” ma in realtà lo era un tempo, quando la festa della Santa cadeva intorno alla scadenza del Solstizio d’Inverno (21 dicembre). In ogni caso le origini della leggenda di santa Lucia sono legate alla Luce, che nei mesi invernali scarseggia, per cui la celebrazione in onore della Santa assume il valore di auspicio di prossimo arrivo della Primavera. Nei paesi nordici la festa di Santa Lucia è  particolarmente cara ai bambini ed è animata da grandi falò, sfilate con fiaccole e tante cerimonie piene di candele accese per simboleggiare la vittoria della luce sulle tenebre; Lucia è custode del giorno più corto dell’anno (e perciò cieca ovvero priva di luce) ma nello stesso tempo è testimone del passaggio delle tenebre alla luce, perchè dopo il solstizio le ore di luce cominciano progressivamente ad aumentare allungando così la durata del giorno!

In Italia la tradizione vuole che Santa Lucia nella notte tra il 12 e il 13 dicembre si rechi, cavalcando un asinello, in tutte le case dei bimbi lasciando un dolce ricordo del suo passaggio: biscotti  dolciumi o anche giocattoli. La sera prima i bambini preparano fuori dalla porta di casa uno spuntino per l’asinello: carote e latte, affinchè sia invogliato a fermarsi e a permettere alla Santa di lasciare i doni sognati. Un campanello avverte i bambini che Santa Lucia è vicina, per cui tutti a letto!

 

Al nido (dai 2 anni) e alla scuola dell’infanzia si può pensare di rivivere l’emozione di questo giorno magico raccontando la storia di santa Lucia, facendo conoscere l’asinello, invitando i bambini ad attendere la visita e i doni, facendo loro disegnare e colorare una “letterina” indirizzata alla santa e consegnandola al castaldo (l’aiutante di santa Lucia), oppure, come organizzato da qualche scuola, appendendola ad un palloncino lasciato libero di volare nel cielo.

Ogni anno il dono più bello che Santa Lucia ci fa non sono né i giochi né i dolcetti, ma la magia che ci fa respirare. Da educatrici poter accompagnare i piccolini nell’attesa, nell’arrivo al giorno magico del 13 dicembre, e finalmente poter assaporare insieme a loro quello che Santa Lucia lascia quando se ne va è semplicemente fantastico, perché vederli emozionati e pieni di gioia è il regalo più grande!

Con i bambini è anche divertente preparare i classici frollini di Santa Lucia , da consegnare poi ai genitori in un sacchettino decorato.

 
L’educatore che fa un passo indietro

L’educatore che fa un passo indietro

L’educatore che fa un passo indietro

Secondo la filosofia Montessori il bambino non è un vaso vuoto in cui l’adulto debba infilare nozioni, concetti e abilità: il bambino è un essere pieno di potenzialità, che contiene già in sé le proprie abilità. Il compito dell’adulto è quello di aiutarlo a tirarle fuori.

Errare per imparare

L’insegnante è la figura che media fra il bambino, l’ambiente e i materiali, la sua azione non è mai impositiva, nè giudicante. Non esistono voti nè compiti in classe nella scuola montessoriana, e non esiste “hai sbagliato”.

L’errore fa parte del percorso formativo e di crescita di tutti gli individui: da sempre l’uomo si è evoluto per tentativi ed errori. Partendo da un’intuizione, sottoponendola a prova, attraverso l’esperienza che si acquisisce man mano che si cresce e si impara dagli errori.

Se però l’adulto blocca nei bambini questo processo, impedisce loro di mettere alla prova il loro ingegno, la loro capacità di risolvere i problemi, di trovare soluzioni.

La vera educazione non è quella impartita dal maestro, ma è un processo naturale che si svolge spontaneamente nell’individuo, e si acquisisce non ascoltando le parole, ma mediante l’esperienza diretta del mondo circostante.

La risposta che dovremmo dare non è la soluzione, ma aiutarli a formulare le loro ipotesi per poi provare a verificarle insieme.

Fare un passo indietro

Il ruolo dell’insegnante/educatore secondo la pedagogia montessoriana è assai diverso da quello di un’insegnante tradizionale.

Il compito del maestro è dunque di preparare una serie di spunti e di incentivi all’attività culturale, distribuiti in un ambiente espressamente preparato, per poi astenersi da ogni intervento diretto o troppo invadente.

I maestri non possono fare altro che assistere alla grande opera mentre si compie sotto i loro occhi, come i servi aiutano il padrone. Cosi facendo assisteranno allo sviluppo dell’anima umana.

L’insegnante è la figura che media fra il bambino, l’ambiente e i materiali, la sua azione non è mai impositiva, nè giudicante.

Non esistono voti nè compiti in classe nella scuola montessoriana, e non esiste la locuzione “hai sbagliato”

Quando la Montessori parla di fare un passo indietro, non intende certo sminuire il ruolo dell’educatore: anzi, si tratta di un ruolo molto importante.

L’educatore, facendo un passo indietro, supporta il bambino nel cammino dell’autonomia accogliendo e assecondando la sua spinta a “fare da solo” e lo sostiene in molti modi:

  • lo guida nella comprensione del mondo
  • lo incoraggia nel prendersi cura di sé, nel rispettare le altre persone e l’ambiente circostante
  • gli fornisce gli strumenti adatti alla sua età per sperimentare, concentrarsi e lavorare con le mani
  • mette a sua disposizione il materiale e l’ambiente adatto a lui

PER SAPERNE DI PIU’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet per educatori di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “IL RUOLO DELL’ADULTO MONTESSORI“ CHIEDI INFORMAZIONI QUI>>>