IL POTERE DELLA LETTURA DURANTE L’INFANZIA

di Rita Bimbatti

specializzata in Pedagogia Clinica, Sociologa della Salute, Educatore della scrittura

Un adulto che legge a voce alta ad un bambino, compie un vero atto d’amore, un’esperienza condivisa che permette di entrare in reciproca sintonia, dove mondi incantati prendono vita tra le pagine di un libro.

Uno spazio comunicativo intenso, piacevole, intriso di complicità e fiducia: sentimenti importanti per la crescita e lo sviluppo generale del bimbo. Infatti, numerosi studi e ricerche hanno dimostrato gli effetti positivi e proficui delle pratiche di lettura ed ascolto condivise. Sono stimoli preziosi che inducono l’aumento di attività delle connessioni cerebrali, capaci a loro volta di modificare in maniera durevole il comportamento.

I benefici della lettura ad alta voce, nella prima e seconda infanzia, si possono riscontrare attraverso un significativo miglioramento delle funzioni psichiche superiori, un aumento della qualità del legame di attaccamento, una prevalente sollecitazione dell’area del linguaggio e successivo ampliamento del vocabolario, un aiuto alla ricerca della propria autonomia, un potenziamento di immaginazione e creatività, un supporto per comprendere e imparare a gestire le diverse emozioni, un mezzo sociale e culturale per condividere e veicolare messaggi carichi di valori positivi come amicizia, altruismo, generosità.

A seconda dell’età e delle tappe di sviluppo psicomotorio raggiunto, si possono proporre modalità e letture adatte sia in famiglia che al Nido e alla Scuola dell’Infanzia.

Nei primissimi anni, la lettura dell’adulto rappresenta un importante scambio d’amore per coinvolgere il bimbo e coccolarlo senza nessuna fretta; utile indicare oggetti, persone, animali, illustrati sulle pagine pronunciando correttamente il loro nome e ponendo attenzione all’intonazione. Si possono proporre inizialmente albi cartonati, piccoli, maneggevoli, maggiormente resistenti e ricchi di colori ed illustrazioni; libricini fatti di stoffa e altri materiali per sollecitare il senso del tatto, dove la percezione immediata del toccare ed esplorare con le mani offre ai bambini la possibilità di scoprire il mondo (a tal proposito, si citano i Prelibri di Bruno Munari, grande artista e designer italiano del Novecento).

Nel periodo della seconda infanzia, possiamo iniziare a proporre letture differenti scegliendo nel vasto patrimonio narrativo di autori classici e contemporanei. Un’età dove i bimbi iniziano ad amare le serie con gli stessi personaggi, coetanei o animaletti, con cui possono identificarsi sentendosi parte attiva della storia e lasciandosi coinvolgere per superare ostacoli e paure tipiche di questa fase.

Una grande varietà di opzioni: meravigliosi albi illustrati, che tra rigore e fantasia, misura e sperimentazione, parlano ai bambini, raccontano storie, li affascinano, li coinvolgono, li fanno divertire attraverso storie di vita quotidiana; silent book, albi senza testo ma non certo senza storia, che propongono una rigogliosa opportunità di esplorazione; fiabe, perle di saggezza che delineano un patrimonio sociale e culturale ricco di sfaccettature, dove bene e male sono dimensioni presenti al loro interno e il lieto fine è garantito.

Durante la narrazione della fiaba, il bimbo si identifica con l’eroe e il contenuto trasmette speranza e possibilità di cambiamento attraverso le sfide della vita.

Molte pubblicazioni sono consigliabili da “zero a cento anni”, senza preoccuparsi troppo di eventuali indicazioni ed etichette, poiché uno stesso testo può dare luogo a molteplici interpretazioni.

Fare amare ai bambini la lettura, tra miriadi di altre possibilità come giochi e nuove accattivanti tecnologie, potrebbe rappresentare una sfida, ma anche riservare inaspettate gratificazioni. Per rendere familiare il contatto con i libri è bene preparare un contesto orientato, mettendoli adisposizione e soprattutto, essere di esempio come genitori, educatori, insegnanti. In questo modo solleciteremo nei piccoli interesse e viva curiosità.

Alcune proposte

I colori delle emozioni (A. Llenas, Gribaudo). Un mostriciattolo ha combinato un pasticcio mescolando tutti i colori delle emozioni: grazie all’aiuto di una bambina, riuscirà a sistemarle e rimettere ognuna al suo posto. Una prima bussola per gestire il linguaggio emotivo.

Aiuto, arriva il lupo! (Ramadier & Bourgeau, Babalibri). Un lupo, lontano e ancora piccino, avanza con l’aria tutt’altro che amichevole. Si avvicina e il piccolo lettore viene invitato a voltare velocemente pagina, scuotere il libro, capovolgere il libro…ma il lupo resiste, non molla! L’invito ora è chiudere il libro ricominciando la lettura. Un albo gioco, da leggere e rileggere più volte consentendo ai bambini di calmare le proprie paure in maniera modulata, controllata e con l’immancabile soluzione salvifica.

Papà, mi prendi la luna, per favore? (E. Carle,La Margherita Edizioni). Un particolare ed incantevole albo illustrato pop up: una storia che si svolge davanti ai nostri occhi, con le pagine che si aprono in su, in giù e nella pagina centrale. La bambina vuole la luna per giocarci, così il suo papà si mette in viaggio per prenderla. Non è facile arrampicarsi fin lassù, ma alla fine ci riesce…per scoprire poi che la luna è troppo grande da portare a casa! La risoluzione di questo problema sarà veramente una piacevole sorpresa. L’opera di Eric Carle è una riflessione poetica sull’amore genitoriale che racchiude al suo interno numerose sotto-tematiche legate a percezione e distanze; un’opera visivamente ineccepibile, dove la chiave di lettura si inserisce all’interno di una storia permeata di magia.

La sedia blu (C. Boujon, Babalibri). Due animaletti, Bruscolo e Botolo, avvistano nel cuore del deserto una sedia. Una sedia è un tesoro e può trasformarsi in mille cose: in una slitta, una zattera, una scrivania, un banco e molto altro ancora. L’incontro con un severo camelide non fermerà certo i due piccoli amici. Presto incontreranno qualcosa d’altro e il divertimento potrà ricominciare. Per giocare non servono accessori super-moderni o accattivanti strumenti ipertecnologici: basta semplicemente la fantasia!

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La rabbia nei primi anni di vita: perché è importante che i bambini esprimano le loro emozioni

La rabbia nei primi anni di vita: perché è importante che i bambini esprimano le loro emozioni

La rabbia e l’aggressività sono emozioni che possono manifestarsi anche nei bambini molto piccoli, tra i 0 e i 6 anni di età. Sebbene possa sembrare sorprendente che dei bambini così piccoli possano provare e mostrare rabbia, è fondamentale comprendere che l’espressione delle emozioni è parte integrante del loro sviluppo emotivo. In questo articolo esploreremo l’importanza di permettere ai bambini di esprimere la loro rabbia, come aiutarli a imparare a gestire questa emozione e affrontare le crisi di collera.

L’espressione della rabbia nei primi anni di vita

Durante i primi anni di vita, i bambini stanno imparando a conoscere e gestire le loro emozioni. La rabbia è una di queste emozioni, ed è importante che i genitori e gli adulti che si prendono cura dei bambini comprendano che è normale e salutare per loro esprimere questa emozione. La rabbia può manifestarsi attraverso il pianto, i colpi di piedi o pugni, il lancio di oggetti o comportamenti aggressivi verso gli altri. È fondamentale insegnare ai bambini alternative adeguate per esprimere la loro rabbia in modo sano.

L’importanza di esprimere la rabbia

Permettere ai bambini di esprimere la loro rabbia è cruciale per il loro sviluppo emotivo e sociale. Quando i bambini vengono privati della possibilità di esprimere la rabbia, possono sviluppare problemi nel gestire le emozioni negative e nel relazionarsi con gli altri. Esprimere la rabbia in modo adeguato consente ai bambini di imparare a identificare e comunicare i loro bisogni, a sviluppare una maggiore consapevolezza di sé e delle proprie emozioni e a instaurare relazioni sane con gli altri.

Come aiutare il bambino ad apprendere la gestione della rabbia?

Ci sono diverse strategie che i genitori e gli adulti possono adottare per aiutare i bambini a imparare a gestire la rabbia in modo appropriato:

  1. Accogliere l’emozione: Validare i sentimenti del bambino, riconoscendo la sua rabbia senza giudizio. Mostrare empatia e tranquillità può aiutare il bambino a sentirsi compreso e supportato.

  2. Insegnare alternative adeguate: Aiutare il bambino a trovare modi sani ed efficaci per esprimere la rabbia, come il disegno, la scrittura, il gioco fisico o il dialogo aperto.

  3. Modellare il comportamento: I bambini imparano molto osservando gli adulti. Mostrare un sano controllo della rabbia e utilizzare strategie di gestione emotiva può essere un esempio positivo per il bambino.

Affrontare le crisi di collera

Le crisi di collera sono episodi intensi di rabbia che possono verificarsi nei bambini, specialmente tra i 2 e i 4 anni. Ecco alcune strategie utili per affrontare queste situazioni:

  1. Mantenere la calma: È importante che gli adulti rimangano calmi durante le crisi di collera del bambino. La propria reazione tranquilla può aiutare il bambino a calmarsi più rapidamente.

  2. Offrire conforto: Mostrare al bambino che si è presenti e che ci si preoccupa per lui può aiutare a ridurre l’intensità della crisi. Abbracciare o accarezzare dolcemente il bambino può essere rassicurante.

  3. Parlare in modo rassicurante: Usare un tono di voce calmo e rassicurante può aiutare il bambino a sentire che è compreso e supportato. Parlarne in modo semplice e chiaro può contribuire a far emergere la comprensione delle proprie emozioni.

  4. Offrire alternative: Durante una crisi di collera, è importante offrire al bambino alternative adeguate per gestire la sua rabbia. Ad esempio, suggerire di prendere qualche respiro profondo o di cercare un oggetto rilassante può aiutare a distogliere l’attenzione dalla rabbia.

  5. Creare uno spazio sicuro: Fornire un ambiente sicuro e tranquillo può aiutare il bambino a sentirsi protetto durante una crisi di collera. Rimuovere eventuali oggetti pericolosi e fornire un luogo tranquillo in cui il bambino possa rilassarsi e riprendersi.

La rabbia è una normale emozione che i bambini possono sperimentare fin dai primi anni di vita. Permettere loro di esprimere la rabbia in modo sano è cruciale per il loro sviluppo emotivo. Aiutare i bambini a imparare a gestire la rabbia richiede pazienza, comprensione e un approccio empatico. Offrire loro alternative adeguate per esprimere la rabbia e affrontare le crisi di collera può favorire lo sviluppo di competenze di gestione emotiva che li accompagneranno nella loro crescita. Ricordiamoci che ogni bambino è un individuo unico e potrebbe richiedere approcci personalizzati per affrontare la rabbia e l’aggressività in modo efficace.


Per saperne di piu’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet di formazione per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso

LA RABBIA E L’AGGRESSIVITA’ DEI BAMBINI: COME AFFRONTARLE, COME CAPIRLE

 

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L’Importanza di Sostare in Natura: Nutrire l’Apprendimento attraverso il Rallentamento

In un mondo in cui tutto sembra andare sempre più veloce, l’atto di “sostare” in natura assume un significato ancora più profondo. Stare immersi nella natura, trascorrere del tempo in giardino o in spazi verdi, porta in luce il fulcro delle relazioni umane e la connessione con l’ambiente circostante. È un modo di relazionarsi con il mondo, un modo di essere. I giardini scolastici diventano così un luogo che amplia le relazioni educative e si trasformano in un contesto plurisensoriale di apprendimento.

Se condividiamo la visione che i piccoli cambiamenti positivi debbano partire da noi stessi, allora le esperienze di Outdoor Education, che si svolgono all’aperto e coinvolgono attivamente i bambini nei processi di apprendimento, offrono un’opportunità straordinaria per ridare un senso profondo all’educazione. Queste esperienze permettono di dare espressione ai “diritti naturali dei bimbi e delle bimbe” (Zavalloni G.), valorizzando la loro innata connessione con la natura.

Sostare in natura è una pratica che ci permette di bilanciare i ritmi frenetici della società moderna e arricchire le esperienze sensoriali dei bambini. Mentre la tecnologia digitale diventa sempre più presente nella vita dei più piccoli, l’immersione nella natura diventa ancora più importante per integrare le loro esperienze e stimolare i sensi. È un modo per promuovere la salute e il benessere, offrendo un’esperienza che favorisce il movimento libero, l’esplorazione e il contatto con elementi naturali, contribuendo così a un sano sviluppo fisico, cognitivo ed emotivo.

Inoltre, il “sostare” in natura permette di riallacciare le generazioni tra di loro e con l’ambiente che le circonda. I bambini hanno l’opportunità di scoprire il mondo naturale, di imparare ad apprezzarne la bellezza e di comprendere la sua fragilità. Questa consapevolezza li spinge a sviluppare un senso di responsabilità nei confronti dell’ambiente, incoraggiandoli a diventare cittadini consapevoli e attivi nella tutela della natura.

È importante sottolineare che sostare in natura non significa offrire una visione idealizzata o edulcorata della realtà, ma piuttosto permettere ai bambini di sperimentarsi nella relazione con il mondo naturale, accettando e superando i propri limiti e apprendendo a affrontare sfide e problemi con creatività e resilienza (Schenetti, Salvaterra, Rossini).

L’Outdoor Education, attraverso il sostare in natura, ci invita a riscoprire il legame profondo che abbiamo con la terra e con l’intero ecosistema. È un richiamo a ricordarci che siamo parte integrante di questo meraviglioso pianeta e che il nostro compito educativo va oltre il mero trasferimento di conoscenze. È un lavoro culturale, che permette ai bambini di comprendere la nostra connessione con la terra e di sviluppare un senso di appartenenza al mondo.

Sostenere l’educazione all’aperto richiede un impegno costante e una visione a lungo termine. Gli effetti di questo tipo di approccio educativo potrebbero non essere immediati o tangibili, ma le sue ricadute sono profonde e durature. L’Outdoor Education ci invita a rallentare, a dedicare del tempo per sostare in natura e a permettere ai bambini di imparare attraverso l’esperienza diretta e l’esplorazione.

In conclusione, il sostare in natura diventa una pratica fondamentale per educatori e insegnanti. Attraverso questa esperienza, possiamo offrire ai bambini un’educazione più completa, arricchita da una profonda connessione con il mondo naturale. Il sostare in natura nutre il cuore e la mente dei bambini, preparandoli ad affrontare il futuro con consapevolezza e speranza.


Per saperne di piu’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet di formazione per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “AMBIENTI NATURALI AFFASCINANTI MEDIATORI DIDATTICI

 

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Lo specchio come strumento educativo: l’importanza dell’immagine riflessa nella costruzione dell’identità del bambino

Per i bambini osservare la propria immagine riflessa nello specchio è di grande interesse e divertimento.
Questo interesse è in gran parte motivato dall’amore del bambino per i volti umani e dall’incredibile “interattività” dell’immagine riflessa. 
Inizialmente il bambino non sa chi sia quello che vede nello specchio: gli sorride e risponde divertito al sorriso che lo specchio riflette. E’ solo intorno ai 18 mesi che il bambino comincia a riconoscere se stesso nell’immagine riflessa e a divertirsi ancora di più!

Lo specchio strumento educativo

Lo specchio: uno strumento importante al nido e alla scuola dell’infanzia, essendo lo strumento che sostiene il bambino nella costruzione della rappresentazione mentale del corpo, del volto, quindi di sé. Lo specchio è anche considerato dai bambini un oggetto magico; è prezioso per vivere esperienze di carattere cognitivo, traccia la strada della simmetria, ma contiene anche l’inverosimile, una realtà non visibile al primo sguardo.

Lo specchio è ambiguo, quando moltiplica la realtà, crea illusioni e suggestioni affascinanti, permette la scoperta di diversi punti di vista, aumenta la percezione dello spazio.

Ma i bambini non arrivano subito alla consapevolezza che ciò che vedono riflesso nello specchio è il proprio volto, il proprio corpo; giungono a questa consapevolezza attraverso successive fasi di ricerca, che possono essere sintetizzate come segue:

Il rispecchiamento nel volto della madre

Il primo specchio del bambino, appena nato e fino ai 6 mesi di età, è il volto della madre, come Winnicott suggerisce nel suo libro “Gioco e realtà”, in cui troviamo un capitolo piuttosto eloquente: “La funzione di specchio della madre e della famiglia nello sviluppo infantile“.

Nei primi mesi

Ricordiamo che alla nascita l’apparato visivo è funzionante ma immaturo. Il bambino non è in grado di focalizzare entrambi gli occhi su uno stesso punto, e riesce a mettere a fuoco i dettagli solo a breve distanza 20-50 cm. Se posizioniamo il il bambino in posizione sdraiata ad una breve distanza da uno specchio nel quale possa guardarsi, notiamo che: dopo un brevissimo periodo iniziale di disinteresse di fronte alla propria immagine speculare, il bambino prima si dedica ad osservare attentamente le immagini che vede riflesse, poi successivamente dedica alle immagini dedica alle immagini mimiche, vocalizzazioni e sorrisi.

Verso i 3 mesi, quando il bambino riesce a cogliere la costante di forma, notiamo che se il bambino è tenuto davanti allo specchio in braccio all’adulto, in un primo momento le reazioni alla propria immagine e a quella dell’adulto sono indifferenziate. Quindi è l’immagine di quest’ultimo, perché più familiare, ad essere la più osservata, coinvolta in confronti e giochi, come quello del “cucù”, e fatta sparire.

Intorno ai 6 mesi

Il bambino davanti allo specchio ancora non si riconosce, ma entra nella fase della cosiddetta “reazione sociale”, in cui prova piacere a disporre di un “compagno” che non si ritrae, con il quale sperimentare nuovi giochi, ed esprime la gioia e l’eccitazione di questa scoperta con sorrisi, avvicinandosi allo specchio per batterlo con le mani aperte, e talvolta leccarne la superficie.

Dai 6 ai 12 mesi

Successivamente il bambino constata la sperimentazione di una serie di gesti, movimenti, boccacce e confronti con il proprio corpo, che talvolta viene fatto aderire alla specchio. Un po’ alla volta comincia a capire il meccanismo speculare: osserviamo a volte si gira e che comincia a scoprire che la causa di tutto quello che compare nello specchio è da ricercare alle proprie spalle. Ancora però non riconosce il bambino dello specchio come se stesso.

Fase del disagio

In un primo tempo, tutte queste vicende appaiono gioiose; in seguito, invece, subentra una fase molto prolungata di timidezza, di disagio: occhi bassi, sguardo sfuggente. Alcuni studiosi hanno spiegato questo atteggiamento come dovuto ad un disagio nei confronti dell'”estraneo”, non ancora riconosciuto come sè, e in questa fase il bambino studia i comportamenti del riflesso.

Fase del riconoscimento

La fase successiva è quella del riconoscimento, in cui  il bambino manifesta in modo inequivocabile la raggiunta consapevolezza che quanto vede riflesso, soprattutto il volto, è il proprio volto. Questo traguardo sta a significare una forma in realtà matura e complessa di rappresentazione della propria identità.

Ovviamente la sequenza di queste fasi è  variabile a seconda dell’individualità del bambino.

Da questo momento in poi, lo specchio rappresenterà uno strumento importantissimo per la ricerca sulla propria auto-individuazione, sulla propria identità corporea, stimolando al tempo stesso la creatività dei bambini e ampliando i loro orizzonti logico-spaziali.


Per saperne di più: dal catalogo dei corsi di formazione Zeroseiplanet per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso:

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Cos’hanno in comune la filosofia di Loris Malaguzzi e la teoria delle Loose Parts di Nicholson?

L’articolo esplora la connessione tra la filosofia educativa di Loris Malaguzzi delle scuole di Reggio Emilia e la teoria delle Loose Parts di Simon Nicholson.

Approfondiamo come entrambi i pensatori vedano la creatività e la curiosità come fondamentali per l’apprendimento dei bambini, e come i materiali e le “variabili” possano essere utilizzati in modo innovativo per supportare questa scoperta.

L’articolo esplora anche l’uso dei materiali di scarto e del progetto REMIDA come esempio concreto di come questi principi educativi possono essere messi in pratica.

Nicholson, un architetto e designer britannico, ha introdotto il termine “Loose Parts” in un saggio del 1971, nel quale ha sottolineato l’importanza di offrire ai bambini materiali aperti, come i materiali naturali o riciclati, ma anche di considerare “variabili” come la musica, la gravità, le parole, i concetti e le idee. La teoria delle Loose Parts è stata accolta molto positivamente negli anni successivi, non subito in ambito educativo ma in primis nell’ambito del design e della progettazione di spazi, anche all’aperto.

Anche Malaguzzi credeva nella creatività di tutti i bambini e nella loro curiosità per il mondo circostante, e riteneva che avessero bisogno di un ambiente adatto per esprimere questa curiosità. L’uso di materiali riciclati nelle scuole di Reggio Emilia è stato sviluppato attraverso REMIDA, un progetto culturale nato a metà degli anni ’90, che mira a promuovere la sostenibilità, la creatività e la ricerca sui materiali di scarto.

Anche qui, i materiali vengono considerati come contenitori di intelligenze e possibilità, che possono essere modificati e trasformati dalle idee dei bambini e dalla loro combinazione con altri materiali e fenomeni.

La connessione tra le teorie di Nicholson e Malaguzzi risiede nella loro comune attenzione alla creatività e alla curiosità dei bambini, nonché alla loro esigenza di un ambiente adatto per sperimentare, esplorare e imparare.

Entrambi i pensatori considerano i materiali come strumenti per lo sviluppo del pensiero critico e creativo dei bambini, e sostengono l’importanza di offrire loro un’ampia gamma di materiali e “variabili” per esplorare e scoprire il mondo che li circonda.


Per saperne di piu’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet di formazione per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “LOOSE PARTS: MATERIALI DESTRUTTURATI E CONTESTI EURISTICI

 

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Piccoli scienziati al nido e alla scuola dell’infanzia

L’approccio alle scienze al nido

I bambini fin dal nido possono avvicinarsi alle scienze in maniera molto naturale.

Infatti, i bambini sono dei veri e propri scienziati in erba, in quanto esplorano il mondo circostante con curiosità e si pongono continuamente delle domande.

Le scienze sono un ottimo strumento di apprendimento diretto dei fenomeni naturali perché aiutano i bambini a comprendere il mondo che li circonda in maniera razionale, e li aiutano a sviluppare una maggiore consapevolezza e conoscenza del mondo.

Ci sono molte attività scientifiche che possono essere proposte ai bambini del nido, ad esempio la sperimentazione.

Ovviamente, a seconda dell’età dei bambini al nido, si possono proporre diverse attività di sperimentazione che li portino alla scoperta dei fenomeni naturali.

Ad esempio, si possono proporre attività con l’acqua: riempire, svuotare, misurare, spruzzare, immergere, lasciare galleggiare e affondare oggetti di diverse dimensioni e forme.

Si possono anche proporre attività con la luce e l’ombra. Si può creare una stanza buia, oppure oscurare una stanza con teli scuri, e poi utilizzare lanterne e torce per creare giochi di luce e ombre. Questo tipo di attività stimola la curiosità dei bambini e li aiuta a scoprire nuovi fenomeni naturali.

Inoltre, si possono proporre attività con i materiali naturali, come ad esempio la sabbia, la terra e le foglie. Si può proporre ai bambini di esplorare questi materiali, di toccarli e di manipolarli, facendoli sperimentare in modo creativo e libero.

Infine, si possono proporre attività con i suoni. Si può utilizzare la musica per creare giochi di ascolto, oppure si possono creare degli strumenti musicali con materiali di recupero, e poi suonarli insieme.

In generale, le scienze offrono un’ottima opportunità per sviluppare le abilità cognitive e motorie dei bambini fin dal nido, e per favorire la loro crescita personale e sociale. Attraverso l’approccio scientifico, i bambini possono scoprire il mondo in modo diretto e creativo, e imparare a ragionare in maniera critica e razionale.

L’approccio alle scienze alla scuola dell’infanzia

I bambini di 3 anni e oltre sono molto curiosi e desiderosi di scoprire il mondo che li circonda. Questo è il momento ideale per insegnare loro le basi delle scienze, in modo che possano sviluppare una comprensione più profonda dei fenomeni naturali che li circondano.

Le scienze sono un ottimo strumento di apprendimento diretto dei fenomeni naturali, poiché consentono ai bambini di esplorare e sperimentare il mondo che li circonda. Questo li aiuta a sviluppare una mentalità scientifica, che implica la capacità di osservare, analizzare e risolvere problemi.

Inoltre, le scienze insegnano ai bambini la importanza dell’esperimento e del metodo scientifico, che sono fondamentali per la comprensione di molte situazioni della vita quotidiana.

Per insegnare le scienze ai bambini, è importante utilizzare attività pratiche che li coinvolgano in prima persona. Ecco alcuni esempi di attività scientifiche che possono essere proposte alla scuola dell’infanzia:

  1. Sperimentare con l’acqua: I bambini possono sperimentare con l’acqua, ad esempio, verificando come l’acqua si comporta quando viene versata da diversi recipienti o come l’acqua e la sabbia interagiscono quando vengono mescolate insieme.
  2. Costruire strutture con blocchi: I bambini possono esplorare le leggi della fisica costruendo strutture con blocchi e osservando come le strutture reagiscono quando vengono spostate o urtate.
  3. Studiare le piante: I bambini possono imparare come le piante crescono, che tipo di cure richiedono e come la luce, l’acqua e il terreno influiscono sul loro sviluppo.
  4. Esplorare la luce: I bambini possono esplorare la luce attraverso giochi di ombre e sperimentare come la luce si comporta quando passa attraverso diverse superfici trasparenti.

 

Per saperne di piu’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet di formazione per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “PICCOLI SCIENZIATI: ATELIER E LABORATORI SCIENTIFICI AL NIDO E ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA

 

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Loose parts: quando i bambini inventano il loro gioco

Nel 1971, l’architetto britannico Simon Nicholson coniò il termine “loose parts” (parti sfuse) osservando come il gioco dei bambini con materiali aperti avesse un impatto sulla loro creatività e sul loro pensiero critico.

Nel 1966, lavorando all’Università della California, Nicholson creò un corso intitolato “Design 12”. Questo corso mirava a capire come il gioco, in ambienti collaborativi, desse origine a invenzione, costruzione e creatività. Alcuni dei progetti sviluppati dai suoi studenti furono testati da bambini in vari ambienti come parchi, ospedali, scuole e aree giochi. I progetti di maggior successo risultarono quelli in cui il gioco autoguidato consisteva nella manipolazione di “loose parts”: risorse di materiali aperti e spesso naturali.

In “The Theory of Loose Parts“, Nicholson (1971) nota come l’ambiente, quando completo di materiali ben selezionati, offra occasioni ai bambini per sperimentare e formulare idee originali.

Questi materiali, come suggerito da Nicholson, possono essere qualsiasi cosa che stimoli la curiosità, la scoperta e l’invenzione.

Il termine “Loose Parts” indica materiali non strutturati, di varie forme e colori, che offrono molteplici opportunità di apprendimento ai bambini, incoraggiando il dialogo e stimolando i sensi.

Si tratta di un approccio che permette di sviluppare l’immaginazione, la creatività e di coinvolgere i bambini in attività di gioco e di socializzazione.

I “Loose Parts” possono essere utilizzati in diverse esperienze educative, per supportare la crescita fisica, sociale-emotiva, linguistica, estetica e cognitiva dei bambini, e sono adatti a bambini di ogni origine culturale, classe sociale, abilità e genere.

L’obiettivo è quello di offrire materiali aperti, senza indicazioni specifiche, per consentire ai bambini di esplorare liberamente, manipolare, costruire e trasformare gli oggetti a loro disposizione.

Anche se il termine “loose parts” è moderno, in realtà questa modalità è condivisa da molti approcci educativi:

La pedagogia Montessori, ad esempio, incentiva l’utilizzo di materiali selezionati per consentire ai bambini di esplorare liberamente, senza l’intervento degli adulti.

Inoltre, il Reggio Emilia Approach riconosce come i “Loose Parts” possano incoraggiare la costruzione dell’identità dei bambini e la formazione di ipotesi, permettendo loro di sviluppare il pensiero divergente.

Per saperne di piu’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet di formazione per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “ATELIER LOOSE PARTS: MATERIALI DESTRUTTURATI E CONTESTI EURISTICI

 

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L’angolo della tana

Tane, capanne e piccoli rifugi sono luoghi magici che affascinano e fanno sognare i piccoli del nido, e anche i bambini più grandi della scuola dell’infanzia.

E’ stato osservato come, già da piccolissimi (tra il 1° e il 3° anno di vita) i bambini cercano spontaneamente piccoli spazi, intimi e riservati, all’interno del contesto più ampio: ne hanno bisogno per poter fantasticare, portare i loro giochi preferiti o per poter trovare un posto “segreto”, una piccola “seconda pelle” dove nascondersi e potersi rifugiare. L’angolo della tana esprime il naturale bisogno dei piccoli di avere uno spazio che li contenga e protegga. Perchè, mentre iniziano a esplorare il mondo e non sono più in simbiosi con il corpo della mamma, desiderano crearsi un caldo rifugio, uno spazio privato diverso da quello pubblico, sociale. L’angolo della tana ha dunque, durante la crescita, una valenza psichica molto profonda. Per i bambini piccoli è una seconda pelle, un guscio, una corazza, un luogo nel quale poter sperimentare un po’ di riservatezza, al riparo dello sguardo dell’adulto.
È uno spazio-cuscinetto che sostiene lo sviluppo dell’identità attraverso la possibilità di passare alla sfera privata e rielaborare le proprie emozioni. Ogni bambina e ogni bambino ha bisogno ed ha diritto – esattamente come noi adulti – di potersi prendere un tempo più o meno lungo ed uno spazio in cui ritrovare sé stessa, sé stesso. Si tratta spesso di uno spazio in cui ciucciare o prendere il biberon, sfogliare un libro, fare un covino con la propria pezzettina o peluche,

Si tratta di angoli appartati dove sfogliare un libro, farsi un piccolo covo con la propria pezzetta o il peluche preferito, o semplicemente guardare fuori da un luogo protetto, che possiamo ricavare all’interno delle stanze di soggiorno del nido o della scuola dell’infanzia, e che deve essere abbastanza riservato ma al tempo stesso visibile all’educatore o insegnante.

Questi angoli possono essere costruiti con materiali artigianali (compensato, stoffe, gomma piuma, etc.) ma devono rispettare le norme di sicurezza e igieniche necessarie.

Oggetti

L’angolo della tana è costituito da un arredo che finga un mobile chiuso ai lati e sul soffitti, con un’apertura accessibile al bambino.

L’ ampiezza della tana deve essere tale che il bambino possa starci seduto e con tutto il corpo. La tana può essere corredata dei seguenti materiali:

    • una tendina che ne nasconda l’ingresso
    • una copertura morbida al suo interno
  • cuscini di piccole dimensioni da collocare al suo interno.

Azioni

Il bambino utilizza autonomamente questo spazio, da solo o in compagnia di pochi bambini.

Le azioni compiute in questo angolo sono le più varie: consideriamo che nascondersi, per un bambino piccolo, può significare volersi isolare per un po’ dagli altri, per pensare, scoprire, giocare in tranquillità.

    • entrare e uscire dal nascondiglio, passaggi che favoriscono l’abilità motoria e la percezione della propria corporeità all’interno di uno spazio limitato.
    • fantasticare, un’attività psichica molto importante, che “nutre” le piccole menti. Se da una parte i bambini di questa età apprendono attraverso l’imitazione degli adulti, dall’altra parte è grazie alla fantasia che diventano “altro da noi” e ricreano nuovi mondi attraverso l’immaginazione.
  • allestire il nascondiglio portando con sé giocattoli o altri oggetti, per poterli custodire, tenere al riparo, giocarci, rassicurarsi e consolarsi.

Non consideriamo il gioco solitario un segno di asocialità: restando da solo, ogni bambino può scoprire la propria individualità, confrontarsi con i propri pensieri senza essere disturbato. La tana è quindi un rifugio dove “ricaricare le pile” e contenere l’ondata di emozioni e sollecitazioni che durante la giornata al nido possono risultare stancanti per un bambino.

Chiediamoci anche noi adulti quante volte ci troviamo a dire di “avere voglia di stare un po’ da soli”.

Se l’uso della tana è autonomo da parte del bambino, non pensiamo che l’attenzione dell’educatore non ci debba essere. Con rispetto e alle debite distanze, possiamo osservare ciò che succede all’interno della tana e intervenire se accade qualcosa di pericoloso.

 


Per saperne di più: dal catalogo dei corsi di formazione Zeroseiplanet per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “LO SPAZIO COME LINGUAGGIO

 

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I giochi “al contrario” e la pedagogia del rischio

I giochi al contrario sono un modo divertente e stimolante per i bambini di sviluppare le loro abilità psicomotorie. Questi giochi consistono nell’eseguire azioni comuni come salire lo scivolo al contrario, camminare all’indietro o giocare ai giochi in modo inverso, o meglio “diverso” rispetto al solito.

Infatti, perchè chiamarli “giochi al contrario”?

Per i bambini non esiste un modo “giusto” di giocare e un modo “contrario”: per loro è interessante quello che comporta esplorazione di tutte le possibilità di quel gioco, e dei propri limiti.

Ecco quindi che giocare “al contrario” diventa una sperimentazione non usuale di un gioco.

il che non significa non rispettare delle regole: le regole sono sempre quelle del rispetto degli altri, e della sicurezza

Dal punto di vista psicomotorio di questi giochi sta nel fatto che richiedono ai bambini di utilizzare diverse parti del loro corpo e del loro cervello per completarli.

Per esempio, salire lo scivolo al contrario può essere una sfida per l’equilibrio, la coordinazione e la percezione spaziale dei bambini. Questo tipo di gioco aiuta a sviluppare i muscoli e migliorare la capacità di controllare il proprio corpo in situazioni inusuali.

Ma perchè i bambini sono così attratti di giochi “al contrario”?

I bambini sono spesso attratti dai giochi al contrario perché rappresentano un modo divertente ed emozionante per sperimentare il mondo che li circonda. Ecco alcune delle ragioni per cui i bambini possono essere così affascinati da questi tipi di giochi:

  1. Sfida: Camminare al contrario o salire lo scivolo al contrario rappresenta una sfida per molti bambini. Questo tipo di attività può essere eccitante e gratificante, soprattutto quando si riesce a superare la sfida. Anche camminare all’indietro, può essere una sfida per la memoria a breve termine e la concentrazione, oltre a sviluppare le abilità motorie. I bambini devono prestare attenzione a dove stanno andando e al loro ambiente circostante, mentre cercano di camminare in modo inverso rispetto al solito.  
  2. Avventura: I giochi al contrario possono sembrare come un’avventura per i bambini, poiché offrono un modo unico e nuovo per esplorare il mondo. Questo tipo di esplorazione può essere emozionante e avvincente: in cima allo scivolo al contrario, ci sono molte scoperte da fare e mondi da esplorare.
  3. Creatività: I giochi al contrario possono stimolare la creatività dei bambini, in quanto offrono una nuova prospettiva su come si può giocare e interagire con il mondo che li circonda.
  4. Coraggio: Camminare al contrario o salire lo scivolo al contrario può essere un modo per i bambini di dimostrare il loro coraggio e di sperimentare il loro limite. Questo tipo di esperienza può aiutare a sviluppare la fiducia in se stessi e non avere paura di affrontare sfide simili in futuro.

In sintesi, i “giochi al contrario” possono rappresentare un modo divertente e significativo per i bambini di esplorare il mondo, sfidare se stessi, sviluppare la creatività e la fiducia in se stessi.

E per quanto riguarda il pericolo?

Quale dovrebbe essere l’atteggiamento degli adulti di fronte a questi giochi?

La pedagogia del rischio sostiene che i bambini imparino meglio attraverso la sperimentazione e l’esplorazione, anche se questo può comportare un certo grado di rischio. Questo approccio ritiene che i bambini siano in grado di valutare e gestire il rischio in modo adeguato, e che gli adulti dovrebbero fornire un contesto in cui i bambini possano sentirsi liberi di esplorare e sperimentare, ma anche fornire la supervisione e il supporto necessari per garantire la sicurezza, soprattutto in un contesto educativo in cui i bambini giocano in gruppo.

 


Per saperne di piu’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet di formazione per educatrici di asilo nido e insegnanti di scuola dell’infanzia, il corso “APPROCCIO ALLA PEDAGOGIA DEL RISCHIO

 

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Documentando si impara

Perchè documentare al nido e alla scuola dell’infanzia?
Questa domanda porta a risposte plurime: per raccogliere, sintetizzare, e sistematizzare i materiali e le esperienze; per lasciare traccia del pensato e dell’osservato, delle nostre programmazioni e dei nostri progetti; per comunicare e divulgare; per conservare e condividere…
Ma qui vogliamo soffermarci su un aspetto altrettanto importante della documentazione: quello dell’ autoformazione, quello di prendere il percorso documentato come punto di partenza per riflettere, ripensare, riprogettare.
In sostanza, per imparare dal viaggio educativo che abbiamo concluso e documentato, ripercorrendolo in un andare e un ritornare dalla/alla realizzazione del progetto stesso e viceversa.
Ma la documentazione di un servizio può servire anche da formazione per altre realtà.
Per questo è importante che la documentazione educativa non rimanga patrimonio di un singolo servizio, ma che venga il più possibile condivisa per diventare potenziale di risorse anche per gli altri servizi.
 
Ma che cosa possiamo imparare da una documentazione educativa?

Ci sono diverse tipologie di documentazione, ma tutte rispondono in maniera articolata

    • a un’idea di scuola o, se si vuole, di progetto educativo
    • a un contesto educativo di cui la documentazione è espressione
    • a un’idea del ruolo e del significato dell’educatore e del suo rapporto con i bambini e con le teorie pedagogiche
    • alla condivisione di uno strumento e di un metodo

Una documentazione può far nascere riflessioni agli operatori dei servizi sul progetto, sui suoi obiettivi, sulle attività e gli strumenti che utilizza, sugli effetti che produce; può inoltre sensibilizzare i servizi educativi al tema della valutazione e della comunicazione.

Documentare le azioni importanti e i progetti che si fanno nei nidi e renderle visibili e comunicabili, quindi, non solo lascia un ricordo e una traccia in chi ne è stato coinvolto e le ha vissute come significative, ma anche in chi potrà avere in seguito la possibilità di conoscerle.

PER SAPERNE DI PIU’: dal catalogo dei corsi Zeroseiplanet per asili nido e scuola dell’infanzia, il corso “DOCUMENTARE: LA TRACCIA DEL PENSATO E DELL’ OSSERVATO AL NIDO E ALLA SCUOLA DELL’INFANZIA

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